L'equilibrio
Per assumere l’asana si parte dalla posizione di Tadasana, poi si sposta il peso del corpo sulla gamba sinistra. Appena ci sentiamo pronti solleviamo, con l’inspirazione, il piede destro e appoggiamo le piante contro la parte interna della coscia sinistra. Il tallone dovrà essere il più vicino possibile al pavimento pelvico. Rimaniamo un attimo in equilibrio, poi quando ci sentiamo pronti portiamo le mani giunte all’altezza del cuore in Namaskara Mudra.
Già, ma come mantenere l'equilibrio? Ci sono varianti?
Innanzitutto non è necessario portare la gamba piegata subito all'inguine, si può invece sollevarla di poco e poggiare il piede al polpaccio allargando le braccia all'esterno per aiutarsi a mantenere l'equilibrio. Sei ancora in difficoltà? Nessun timore, puoi appoggiare a terra le dita dei piedi della gamba piegata portando il ginocchio all'infuori lateralmente a formare un triangolo, esattamente come nella posizione finale. Poco a poco ti abituerai e facendo pratica riuscirai a sollevare la gamba all'altezza che vuoi tu, che "senti" tu.
E' lo yoga che si adatta a te, non tu allo yoga!
Non dimenticare di fissare un punto a terra davanti a te, aiuta!
Benefici
Tonifica e rafforza i muscoli delle gambe, corregge difetti di postura e alle anche, espande la gabbia toracica.
L’albero affonda le sue radici nella terra rimanendo inamovibile e stabile. Quest’asana sviluppa quindi il senso di stabilità e di equilibrio sia sul piano fisico che mentale. Calma la mente.
L’energia si distribuisce in egual misura sul lato destro e sinistro della colonna vertebrale.
L’asana va mantenuta da un minimo di 30 secondi fino a 7 minuti.
In gravidanza non ci sono controindicazioni; è consigliato aiutarsi a mantenere l’equilibrio con una sedia per evitare spiacevoli cadute.
Il chakra stimolato è il Muladhara chakra. Se si mantiene l’asana per più di 30 secondi, vengono interessati anche i chakra minori che risiedono nelle gambe, lo Swadhisthana e il Manipura.
Vrikshasana è una delle più efficaci posizioni per l'equilibrio, migliora la stabilità in generale, regola il sistema nervoso, stimola le funzioni dello stomaco e dell'intestino e di tutti gli organi dell'addome, acuisce la concentrazione e migliora tutto l'equilibrio psico-fisico del nostro organismo.
Simbologia...ecco questo sì che è interessante
Quando il re demone Ravana rapì la regina Sita e la portò a Lanka, dava per scontato che lei gli avrebbe ceduto, dopo tutto lo facevano tutte le sue conquiste. Era attraente (sempreché ci si abituasse alle sue dieci facce), forte, e favolosamente ricco e potente. Il suo palazzo era il simbolo dell’edonismo, bellissimo e immerso in un contesto più che piacevole. Ravana non era dissimile da un odierno ‘signore della droga’, sofisticato, con una grande ascendenza, repellente, eppure affascinante al contempo. Offriva a Sita un piacere dopo l’altro, ma lei rifiutava sempre. Le propose di diventare sua consorte principale, ma Sita rifiutò. Ella rifiutò di passare anche una singola notte all’interno del bel palazzo di Ravana dicendo: “sono una tua prigioniera, non una tua ospite, e non sarò mai la tua donna. Ricorda bene che io sono la moglie di Rama ed egli mi troverà. E quando questo accadrà, desidererai di non avermi neanche mai vista”. Ravana in risposta replicò “ sono un uomo generoso, giorno dopo giorno io ti chiederò di accettarmi. Hai un anno di tempo, dopodiché, se mi rifiuterai nuovamente ti cucinerò e ti mangerò”.
Fuori del palazzo, all’interno delle sue mura, cresceva un boschetto di alberi di ashoka. Ashoka significa ‘senza sofferenza’ e nella tradizione folcloristica indiana è il simbolo dell’amore. Ha anche proprietà guaritive perché contiene potenti sostanze medicinali. Sita viveva sotto questi alberi, circondata da persone scelte da Ravana stesso, donne rakshasa (spiriti disturbatori e malefici che avviano le loro attività demoniache in particolar modo la notte), creature mostruose con volti di capra, pesce e cane e capelli che escono da ogni improbabile parte del corpo, e un numero incredibile di occhi e di membra.
Le guardie avevano ordine di non ferire Sita in alcun modo, ma potevano usare trucchi psicologici per farla capitolare. Le dicevano che Rama non l’avrebbe mai trovata, e che anche se ciò fosse accaduto, non sarebbe mai riuscito ad espugnare Lanka, che era un’isola fortezza protetta dalla magia ed era quindi imprendibile. Le consigliavano di raggiungere l’harem di Ravana, dicendo che questo avrebbe rappresentato per lei un affare coi fiocchi, che si sarebbe trovata benissimo, come testimoniavano le cento mogli di Ravana, peraltro tutte soddisfatte. Aggiungevano che una donna così regale e bella come Sita meritava di vivere in un palazzo e di essere trattata come la regina che era, e non di vagare per la foresta assieme ad un marito esiliato. Le dicevano “Dimentica Rama, pensa a tutto ciò che Ravana potrebbe fare per te. In tutti i casi considera che non puoi lasciare l’isola viva”.
Ma Sita se ne stava seduta con la schiena poggiata all’albero di ashoka, respirava lentamente ed aspettava. Concentrava la sua mente unicamente ed accuratamente su Rama. Ad ogni pensiero, ad ogni respiro, ad ogni battito del suo cuore ripeteva “Rama…trovami. Rama, Rama”. Mandava il suo amore ed il suo desiderio agli alberi e immaginava che le loro foglie spargessero il nome di Rama nell’atmosfera. Sita era la figlia di Bhumi Devi, la personificazione della terra e nel profondo percepiva la parentela con ciò che sprofondava le sue radici in essa e da essa cresceva.
Gli alberi sono creature pazienti, vivono una vita lunga e quieta e sanno come mantenersi ben fermi pur nei cambiamenti a cui sono soggetti di giorno e di notte, ai cambiamenti di clima e di stagione. In modo del tutto silenzioso gli alberi di ashoka dissero a Sita: “ resta ferma e silente, sorellina. Sii calma e salda in te stessa, come noi. Le stagioni cambiano e passano, lo sappiamo, ma questa prigionia non durerà per sempre, rimani in silenzio e ricordati di Rama”.
Intanto sulla terraferma Rama aveva convocato Hanuman, la sua scimmia supereroe, il suo aiutante di campo. Hanuman aveva la capacità di assumere la grandezza che desiderava, poteva volare e ed era pronto a fare qualsiasi cosa Rama gli chiedesse in un battito di ciglia. Rama gli disse “Va’ e trova Sita, ma non spaventarla! Prendi il mio anello, quando lo vedrà capirà che te l’ho dato io”.
E così un giorno Sita udì il nome di Rama pronunciato lievemente che proveniva dall’alto “Rama, Rama…” Era Hanuman che aveva preso le sembianze di una piccola scimmia. Hanuman pronunciò il nome del suo amato con lo stesso amore e desiderio che ella sentiva nel suo cuore, e il suo cuore le disse di fidarsi di quello strano messaggero ancor prima che questi producesse l’anello d’oro che portava incise le lettere Rama-Rama-Rama lungo tutta la sua circonferenza.
Gli alberi sono il simbolo dell’universo nella letteratura sacra dell’India e sono il collegamento biologico tra Dio e l’individuo. Nel praticare quest’asana possiamo immaginarci di essere Sita e l’albero al contempo. Sita, rapita e tenuta prigioniera, trova forza e consolazione nella natura. Il contatto con la terra l’aiuta a concentrarsi su Rama che, ovviamente, non è solo suo marito, ma Dio, la personificazione del sommo valore. Il corpo di Sita può anche essere costretto, ma la sua mente è libera. Così, quando siamo in una situazione in cui la pressione ci sopraffà e dobbiamo magari accettare un modo di vivere o dei valori che non ci corrispondono, per riguadagnare e mantenere l’equilibrio possiamo ‘rifugiarci’ nella natura e fare la stessa esperienza che fece Sita.
Il Ramayana (l’epica dalla quale deriva questa storia) è un racconto che vuole insegnarci qualcosa. Sita rappresenta la mente o l’anima individuale, Rama è il signore, l’anima cosmica. I due sono separati dalle macchinazioni di Ravana, l’ego, che rapisce Sita ingannandola e facendole desiderare un magico cervo d’oro come animaletto domestico. La mente perde la concentrazione sul suo signore, la realtà suprema, e si ritrova imprigionata. A questo punto Sita deve riguadagnare lo stato meditativo. Ciò che l’aiuta è il ricordo costante del suo signore, lo stare silenziosa e consapevole in un ambiente naturale. E ciò che l’aiuta ancor di più, una volta iniziata la pratica, è l’apparizione di Hanuman. Non appena ella ritrova la padronanza di sé e la concentrazione, Hanuman, il messaggero di Rama, la trova e le mostra l’anello di Rama, il segno, il simbolo. Proprio come lei lo ri-corda, egli la ri-corda (cord, cordis=cuore!). Quando accadono cose simili nella nostra vita le chiamiamo coincidenze o sincronicità. Nel momento in cui ci ricordiamo sinceramente del Dio in noi e ci rivolgiamo a lui per aiuto fanno apparizione un sacco di ‘messaggi’ dall’universo che ci dicono che siamo sulla strada giusta. Quando questo accade, noi siamo Sita nel boschetto di alberi di ashoka, e le coincidenze sono Hanuman che arriva con un simbolo, un segno, ricordandoci che anche Rama si ricorda di noi.
Fonti: yogaweb.it; www.yogaaporter.com